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Il Bushido
Il Bushido (letteralmente: "la via del guerriero", dalle parole giapponesi
Bushi, che significa guerriero, e Do che significa via, cammino), non era
soltanto un codice che serviva per indicare ai
Samurai le regole da osservare
durante la loro carriera militare, ma un vero e proprio stile di vita basato
su rigide norme di condotta che influenzavano tutti gli aspetti dell'esistenza
di un guerriro giapponese.
I fondamenti del Bushido, derivavano dai maggiori sistemi di pensiero orientali,
come la scuola
confuciana, lo
Scintoismo, il
Taoismo, il
Buddhismo
e lo
Zen. Ognuna di queste filosofie
prevalse sulle altre in una determinata fase della storia nipponica, ma il risultato
finale fù un unico codice etico - morale che regolò per secoli
i comportamenti dei
Samurai.
La completa
fedeltà al signore, fino al sacrificio della propria
vita, era il fondamento principale dell'esistenza di ogni
Samurai.
La lealtà (in Giapponese Chigi)
e il senso del dovere (in Giapponese Giri)
erano per il guerriero due principi irrinunciabili, due orientamenti
tanto importanti da dover essere suggellati attraverso un patto
di sangue. Il giuramento di fedeltà verso il signore,
veniva trascritto su di un rotolo, detto Kishomon,
con un pennello imbevuto col sangue del
Samurai
che lo prestava. Successivamente, egli
doveva "timbrare" il documento con l'impronta insanguinata
di un polpastrello che veniva inciso per l'occasione. Stilato
il giuramento, il rotolo veniva bruciato e le ceneri ottenute
dovevano essere disciolte in un liquido che il
Samurai
doveva bere in modo da portare sempre
dentro di sè il patto stipulato col suo signore.
Il rapporto che così si veniva a creare
tra il guerriero e il suo signore, permetteva al signore di
avere sempre al suo fianco dei guerrieri fedeli con i quali
affrontare le numerose guerre che il suo clan avrebbe dovuto
combattere per la conquista e la difesa del potere contro i
popoli e le famiglie nemiche, inoltre, i guerrieri partecipavano
anche dal punto di vista economico ai progetti del clan, contribuendo
attivamente al finanziamento delle campagne militari. Il
Samurai,
invece, in cambio dei suoi servigi riceveva proprietà
terriere e la protezione del clan a cui apparteneva. La vita
privata dei
Samurai ruotava
in gran parte attorno alla loro carriera. In tempi di pace,
essi diventavano degli amministratori pubblici veri e propri,
infatti dovevano occuparsi dell'aministrazione dei loro possedimenti:
opere pubbliche, riscossione dei tributi e allocazione delle
risorse (i periodi pacfici erano solitamente brevi e bisognava
sempre tenersi pronti e attrezzati per la guerra).
Sempre riguardo al rapporto tra
Samurai
e signore, non bisogna dimenticare quel particolare tipo
di guerrieri che un signore non lo avevano o lo avevano perduto:
i
Ronin. Essi, non appartenendo
ad alcun clan, vagavano per il Giappone alla ricerca di una
famiglia a cui proporre i loro servigi. Spesso erano dei solitari,
ma non di rado si univano in gruppi simili a quelli dei "Cavalieri
di Ventura" occidentali. In alcuni casi i
Ronin
prestavano la loro spada al miglior offerente; in altri formavano
delle vere e proprie orde di predoni dediti al saccheggio; in
altri ancora assumevano il ruolo di difensori a favore di villaggi
oppressi dalla minaccia dei briganti. I motivi che trasformavano
un
Samurai in un
Ronin
potevano essere tanti, e tutti contribuirono ad aumentare progressivamente
la loro schiera nel corso dei secoli: Si diventava
Ronin
in seguito alla morte del proprio signore, a causa di difficoltà
economiche o perche' si era figli di un
Ronin etc.
I comportamenti dei guerrieri Giapponesi, non dovevano essere
dettati soltanto dal senso del dovere e dalla fedeltà
verso il loro signore, ma anche da altre importanti qualità
nelle quali ogni
Samurai doveva
eccellere. Queste doti dovevano essere: la magnanimità
verso il prossimo (in Giapponese Jin),
infatti i guerrieri dovevano essere tanto efferati in battaglia
quanto benevoli nella vita di tutti i giorni; la saggezza (Chi),
che doveva guidare ogni loro decisione; e il valore (Yu)
che non doveva mai abbandonarli durante il combattimento.
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